La Città di Rovato può ritenersi fortunata ad avere concentrate nel territorio numerose opere d’arte, architettoniche e storiche, situate in un contesto paesaggistico d’eccellenza come quello franciacortino. Tali manufatti sono ovviamente espressione di maestranze di alto livello, locali o nazionali, grazie ai diversi ed importanti periodi storici vissuti dal comune che, fin dai tempi più antichi, fu luogo strategico e snodo fondamentale delle principali vie di comunicazione del nord Italia.
Silvio Meisso, restauratore ed artista rovatese, negli anni di attività, ha dedicato molto del suo tempo al recupero di numerosi affreschi e dipinti situati nelle chiese del territorio comunale tra le quali: il convento dell’Annunciata, la chiesa di San Michele, Santo Stefano, la parrocchiale di S.ta Maria Assunta e San Rocco.
Abbiamo deciso insieme a lui di ripercorrere le varie tappe dei diversi cantieri di restauro, un po’ per rispolverare vecchi ricordi legati a quei lavori e un po’ per “ripassare” la storia di questi edifici così importanti nelle diverse epoche storiche.
Partiamo dal convento della SS. Annunciata sul Monte Orfano che segnò l’inizio vero e proprio avvio della sua formazione professionale come restauratore. È qui che nel periodo 1963-1965 Silvio, ormai all’ultimo anno dell’accademia “Carrara” di Bergamo, si recava quasi quotidianamente per seguire i lavori di restauro portati avanti dal prof. Guido Fiume (noto restauratore milanese), di cui divenne “discepolo” e con il quale lavorò per ben 12 anni. Prima di proseguire richiamiamo brevemente la storia di questo importante luogo religioso: nel 1449 il Comune di Rovato concedette ai frati Servi di Maria un terreno sul Monte Orfano dove esisteva già una cappella intitolata all’Annunciata che a sua volta era stata costruita su un’area ove vi erano antiche fortificazioni, alcune delle quali di epoca romana. Nello stesso anno venne posata la prima pietra e, nel 1464 vi fu la conclusione dei lavori del chiostro; nel 1503 venne completata la costruzione della chiesa grazie anche all’aiuto delle popolazioni di Coccaglio e Rovato. La prima comunità, composta da 11 frati, si insediò nel 1452.
Il 7 febbraio 1507 avenne la consacrazione ad opera del vescovo Marco vicario generale della diocesi di Brescia. È proprio in questo anno che vennero completati la sagrestia, il chiostro inferiore e superiore, la loggetta all’ingresso del chiostro, il capitolo, il refettorio ed altri locali conventuali.
Nel 1580 san Carlo Borromeo vi si recò nel corso della sua visita pastorale nel nostro territorio.
Altra data importante è il 1630 anno in cui il convento venne trasformato in lazzaretto per dare soccorso agli appestati dei paesi limitrofi; 5 frati persero la vita in quest’opera di assistenza. Nel 1635 fu ricostruita la navata centrale della chiesa, ridimensionate le precedenti cappelle lungo il lato settentrionale e realizzate quelle ad oggi presenti.
Nel 1772 la Repubblica di Venezia soppresse la comunità religiosa. Negli anni seguenti la struttura venne ereditata dal vescovo di Brescia finché, nel 1870, una società per azioni costituita da rovatesi e presieduta dallo storico Cesare Cantù acquistò l’ormai ex convento fino a quando, negli anni 1959-1960, venne riscattato dall’ordine dei Servi di Maria e, in torno al 1963, riprese la vita monastica.
Non possiamo non dedicare spazio alle opere d’arte, ai dipinti ed agli affreschi, che negli anni sono state compiute da artisti noti e meno noti. Nel 1452 la prima comunità monastica volle dotare la chiesa di un’ancona lignea raffigurante la Vergine tra i santi Agostino e Filippo Benizi.
L’ancona fu realizzata da Clemente Tortelli di Chiari ed effigiata dai pittori Antonio e Bartolomeo Vivarini da Murano; fu poi venduta all’asta agli inizi del ‘900 ed oggi sostituita da una copia.
Nicolò Solimano e Liberale da Verona si dedicarono ad affrescare, nel 1481, parte delle cappelle laterali della chiesa. La presenza di Girolamo Romanino la troviamo negli anni 1535-1540, periodo in cui affrescò le lunette dell’abside con la rappresentazione dell’Annunciazione e di quattro profeti mentre, nel 1602, l’intagliatore Giuseppe Bolgari eseguì l’opera “Uno paro angeli” per la cappella della scuola del Santo Rosario.
Nel corso degli anni la struttura conventuale e la chiesa furono sottoposte ad importanti lavori di ristrutturazione e riqualificazione ed è proprio negli anni dal 1963 al 1965 che Silvio Meisso operò insieme al prof. Fiume per recuperare e restaurare alcuni degli affreschi più importanti delle Chiesa.
Il principale è sicuramente la scena dell’Annunciazione del Romanino raffigurante la Madonna inginocchiata davanti al leggio, alla sinistra l’arcan-gelo Gabriele ed in alto la figura del Padre Eterno. Nelle altre 4 lunette sono raffigurati invece le figure dei profeti di cui quella meglio conservata è quella di Isaia, mentre le altre risultano piuttosto deteriorate.
«Il lavoro più difficile ed importante svolto su questi affreschi – racconta Meisso – è stato quello della ripulitura dalla polvere e da quel residuo nero lasciato dalle candele, un tempo molto utilizzate, al fine di poter ridare splendore agli intensi colori tipici della tecnica pittorica del Romanino».
Sempre nell’abside, sulla fascia superiore della parete settentrionale del presbiterio, vi è un ciclo di affreschi del XV sec., anche questo interessato dai lavori di pulitura e conservazione, tra i quali vi è una Madonna in trono con bambino e, sulla fascia inferiore, un San Sebastiano recante l’iscrizione “Prima Opus” ed altre lettere non ancora decifrate.
Per alcuni ricercatori si tratterebbe delle iniziali del pittore Andrea Mantegna, per altri di un allievo della sua bottega.
Fiume e Meisso operarono anche sulle cappelle laterali tra le quali merita di essere citata la prima, dedicata ai sette Santi fondatori dell’ordine dei Servi di Maria. Qui è presente una tela del VIII sec. raffigurante i sette Santi fondatori mentre ricevono l’abito dell’ordine dalla Vergine Maria. Furono interessati dal recupero anche i cinque profeti minori, rappresentati nel sottarco della cappella, attribuiti a Liberale da Verona (1481) proprio per la freschezza e pastosità del colore e per la morbidezza allungata delle linee.
«Ricordo l’importanza del cantiere dell’Annunciata – dice Meisso – non solo per il fatto che è stato il mio primo lavoro insieme ad un grande maestro come il prof. Guido Fiume, ma anche per la grande responsabilità che mi sentivo sulle spalle nel dover eseguire al meglio il lavoro di recupero mettendo in pratica tutte quelle tecniche che l’accademia in tanti anni mi aveva insegnato. Una vera prova sul campo di quanto appreso».
Molto ci sarebbe ancora da raccontare sulle opere artistiche, sulla importante storia del convento della SS. Annunciata e di tutte quelle persone che hanno contribuito alla sua realizzazione e conservazione. Chi fosse veramente interessato ad approfondire l’argo-mento potrà trovare molte più informazioni nel libro “Il convento dell’Annunciata sul Monte Orfano” di Michela Faustini e padre Ermes Ronchi (GAM editrice) da cui sono state tratte la maggior parte delle informazioni storiche e delle descrizioni riproposte in questo articolo.
Il libro, che è una eccellente guida storico-artistica, è reperibile presso la biblioteca cittadina o in vendita presso il convento.
Emanuele Lopez