E se, dopo tre anni di sostanziale inattività, Covid permettendo, entro l’anno in coso finalmente riaprisse il grande velodromo di Montichiari, unica struttura del genere coperta presente in Italia?
Utopia, promessa da marinaio e probabile realtà? A sentire il sindaco Marco Togni è buona la terza: «Se tutto andrà come previsto – dice -, entro la fine del 2021 il velodromo potrà finalmente essere riaperto. Dopo tre anni di inattività, le tante società ciclistiche potranno così respirare un po’ di ossigeno. Così come la nazionale di ciclismo, che le richiede continuamente. Dico di riapertura, ma anche di rilancio: la ripresa delle attività, consente di dar corpo al progetto che abbiamo in mente, fatto anche di una serie di iniziative atte ad ampliare la platea di utenti. L’obiettivo è di trasformare la nostra struttura in un vero polo del ciclismo per la preparazione atletica, con annessa medicina dello sport».
Marco Togni avrà pure i suoi difetti (e chi non ne ha?), ma non parla mai a vanvera. Quindi, a parte il diavoletto del Covid, che potrebbe metterci la coda, non abbiamo motivo di dubitare delle sue promesse.
Promesse che, per la cifra di circa un milione di euro, hanno come obiettivo principale il ripristino dell’agibilità complessiva del velodromo. Da qui, «a caduta», arrivano poi una serie di altri obiettivi, tra cui quello di efficientare la struttura per abbattere i costi di gestione. Non bisogna infatti dimenticare che, attualmente, l’impianto è privo di un gestore.
Con il precedente, infatti, a novembre 2019 è stato sottoscritto solo un accordo extragiudiziale di 90.000 euro (a fronte di una richiesta di risarcimento di centinaia di migliaia di euro). A breve la convocazione di un tavolo tecnico che, presieduto da Regione Lombardia, servirà anche per coinvolgere i soggetti interessati.
Dicevamo che il progetto di rilancio che hanno in testa il sindaco Marco Togni, gli amministratori e i tecnici passa attraverso la cifra di circa un milione di euro.
Come è facile immaginare, oltre ad avere i soldi bisogna anche percorrere (e superare) un iter burocratico, che passa attraverso: la firma di una convenzione tra il Comune (proprietario dell’immobile) e il Coni (esecutore delle opere); la progettazione, l’appalto e l’esecuzione degli interventi (che al momento sono in previsione per il 2021).
Tradotto in termini pratici, tutto quello di cui abbiamo detto si traduce in numerosi lavori da fare.
L’elenco ce lo fornisce lo stesso primo cittadino: «Bisogna rifare l’impianto antincendio, risanare le pareti del piano interrato dalle infiltrazioni, rifare le contro pareti e i controsoffitti crollati a causa dell’acqua, rifare l’impianto termico-sanitario, rifare la centrale elettrica, rifare l’impianto di illuminazione con corpi illuminanti a led…».
MT Marchioni