È tornato lo spettro del lockdown anche su Orzinuovi che da venerdì 16 novembre è stato classificato in zona rossa come tutta la Lombardia.
Dopo la chiusura imposta alle ore 18 due settimane prima, Orzinuovi torna a diventare un paese mezzo deserto. I bar calano le serrande, svuotati da una movida amputata.
Hanno chiuso le sale gioco, le palestre, le scuole superiori, i negozi.
Quasi nessuna ombra la sera sotto i lampioni. Orzinuovi è tornata ad essere chiusa nella morsa del nuovo lockdown. Assenti le auto quando cala il buio. Anche le vetrine sono passate sotto la scure dei decreti governativi. Per sentire un po’ di vita bisogna avvicinarsi ai supermercati.
Il resto è tombale silenzio.
“Siamo ricaduti in preda allo sconforto. La salute viene prima di tutto – dice Andrea Vanoli (nella foto) consigliere comunale e titolare del bar Blanco, con un’aria abbastanza rassegnata.
“Non possiamo lavorare sulla pelle degli altri.
Quindi ci siamo adeguati ancora a metà ottobre alle nuove norme che ci imponevano la chiusura alle 18, senza protestare in piazza.
Adesso con la chiusura totale la situazione però torna a farsi davvero difficile. Per noi baristi, come per i negozianti.
Una misura così la riteniamo eccessiva per una città come Orzinuovi, dove il Covid non morde più come prima e dove la gente adulta e anziana, con tutte le misure di protezione, è in un certo senso abituata a convivere con il virus, senza essere più così spaventata. Per questo speriamo che l’azione unita dei sindaci e delle province meno colpite possa avere qualche leva sul governo e farci riaprire al più presto. Già dal 25 ottobre la situazione era diventata difficile. Con la chiusura alle 18 avevamo perso completamente la clientela dei giovani che al bar vengono per un aperitivo prima di cena o sul tardi. E con una misura di questo tipo noi avevamo già perso il 60% del nostro incasso”. Era il 26 ottobre: Vanoli alle 18, come gli altri titolari di bar e pub, ritirava i suoi tavolini e le sedie.
Per lui, come per gli altri locali, la giornata a quell’ora era finita.
Nel frattempo un altro barista e ristoratore della piazza sfogava la sua rabbia sui social, non risparmiando pesanti insulti contro le misure di contenimento e promettendo vendetta.
“Abbiamo comprato i prodotti alimentari che non possono stare a lungo nei frigoriferi. Chi ci paga questi danni? Chi ci paga l’affitto se non ci permettono di lavorare?”.
Ora le serrande sono abbassate 24 ore su 24.
La realtà è che la chiusura pare ora meno comprensibile a Orzinuovi rispetto allo scorso marzo, quando il paese viveva una vera tragedia e i baristi stessi in un atto di coscienza decisero di chiudere dietro una semplice esortazione del sindaco.
Ma allora quasi metà della popolazione era malata, i ricoveri giornalieri non si contavano così come quasi quotidianamente i decessi sfioravano le 5 unità.
La situazione spaventava proporzionalmente al fatto che il nemico invisibile era del tutto sconosciuto.
Ora (alla data del 3 novembre quando il giornale va in stampa) i dati di Orzinuovi crescono, ma non sembrano essere così allarmanti. Il numero di casi positivi sale, ma chi è malato, a quanto ci riferiscono gli stessi medici di base, riesce per la maggior parte a curarsi a domicilio. “Anche la medicina – ci dicono i dottori – ha fatto progressi nella cura del virus”. Per questo una chiusura imposta pare essere meno giustificabile dai più, da una categoria che ci riferisce di aver preso qualsiasi misura per mettersi in regola.
E per dimostrare quanto gli orceani non si abbandonino allo sconforto, basta fare una passeggiata in piazza di questi tempi e vedere come molti baristi si siano rimboccati le maniche per tutelare la salute dei loro clienti.
Dehor attrezzati con pareti mobili garantiscono a chi si vuole bere un caffè al sicuro, la possibilità di sedersi all’aperto, riscaldati dalle fiamme di una stufa che offre temperature gradevoli nonostante il termometro si avvicini allo zero.
Nel frattempo il Comune lascia i plateatici gratuiti fino a gennaio.
Silvia Pasolini