In occasione della “seconda di ottobre”, sagra del Paese, ho avuto come ospite molto gradito il mio grande amico Remo Montani.
Erano tanti anni che non ci vedevamo.
Remo è un ragazzo solare, abbiamo fatto la gioventù insieme, siamo anche coetanei. Eravamo insieme pendolari nel 1953 con la tratta ferroviaria Manerbio-Brescia, io come meccanico e lui come studente degli Artigianelli dove ha preso il diploma di attrezzista specializzato.
Tant’è vero che tramite la scuola fu richiesto dalla Mercedes di Zurigo dove lavorò fino alla pensione. Fece ritorno in Italia stabilendosi in Trentino, dove abita tutt’ora.
A tavola abbiamo palato di tante cose e poi ha fatto un giro in paese per rivisitare i luoghi della nostra gioventù.
Quando arrivavano le giostre a Manerbio nella piazza del municipio, poi trasferite in piazza Falcone, noi ragazzi aspettavamo con ansia. C’era l’autoscontro, la giostra del calcinculo, il tiro a segno, tutta la piazza allora veniva occupata e coinvolta a pieno da tutto lo spettacolo viaggiante.
Rimaneva libero solo l’accesso al parco dei divertimenti che veniva montato rapidamente a forza di braccia e di collaborazione anche esterne offerte dai manerbiesi dietro il compenso di qualche gettone per l’autoscontro e altri divertimenti. Si era in attesa delle canzoni, specialmente dell’ultimissimo festival di San Remo (anni 50/60) incise sui vinile a 78 giri per fare e creare il sottofondo alle giostre.
Dai vecchi altoparlanti a tromba si potevano ascoltare e riascoltare, magari per un’intera giornata, “grazia dei fior”, “la luna si veste d’argento”, “vola colomba”, “papaveri e papere”, “viale d’autunno”, “campanaro”, “vecchio scarpone”, “la famiglia canterina”, “la strada nel bosco”, “torna piccina mia”, “ma l’amore no”, “voglio vivere così”, “se vuoi goderti la vita”, “Lilì Marlen”, “parlami d’amore Marilù” e tante altre.
La voce degli altoparlanti era disturbata perché usciva sempre più gracchiante perché la puntina del giradischi era consumata dal troppo funzionamento.
Cosa sarebbe una sagra o una festa di paese senza le bancarelle, senza la loro esuberante e colorata bellezza e bontà come lo zucchero filato, il tirapicio, il croccante, il torrone e tante altre delizie per i piccini e grandi.
Dopo la piazza, tappa alle ville Marzotto dove lui abitava: lanificio chiuso, tutto sta andando in rovina.
Una fabbrica che dava lavoro a mola gente dove ha lavorato anche suo papà.
Caro Remo, facciamo un giro e vedrai.
In via Matteotti, di lato al cinema Marzottto, c’era il salumificio ferrari e la fabbrica del ghiaccio che successivamente si trasferì a Verolanuova.
C’erano la falegnameria Fregnan e le confezioni del figlio Tonino, le officine Cornacchia e figlio Ismaele trasferite in via Martiri della Libertà.
Qui si costruiva la famosa cucina elettrica “Corna”, un gioiello di praticità e quando la corrente rincarò dovettero chiudere.
La distilleria Astori in via San Martino era molto conosciuta, non solo in provincia ma in molti altri posti, per il Cognac Tre Stelle, il famoso Bitter Astori e per gli sciroppi per le granite. Ricordo poi in via Solferino il pastificio Morandi di Mario detto “el paster”, in via San Faustino pastificio Prandi, in via Moretto la fabbrica di scarpe del signor Monaco, in via Leno la Meccanica Filp, in via Palestro il maestro Suardi, sempre in via Moretto il laboratorio di calze di Mario Arini, in via Cremona le officine Tano Benassi, i fratelli Barbi, Ambrosio e Molcini.
C’era anche la distilleria Banù, il lavasecco Europa, le Officine Meccaniche Manerbiesi, la Mat di Bertoldi, Confmanerbiesi, la fabbrica di mattonelle Girolamo Galli e figli, la fabbrica stabilizzatori per televisori di Novicelli.
Caro Remo, hai visto quante ditte e quanti artiginai, operai, impiegati lavoravano?
Non senti una stretta al cuore?
Bisogna rassegnasi e pensare positivo e a volte rispolverare dei proverbi come “allora, speriamo che ha da venì quel dì!”.
Piero Viviani