Il tempo. Non esiste nulla di tanto importante e fugace. Oggi siamo abituati, nella frenesia delle nostre giornate, a seguire con apprensione la corsa delle lancette dell’orologio che, minuto dopo minuto, scandiscono ogni attimo delle nostre giornate.
Eppure, in passato, non era così.
Dall’alba al tramonto, le lunghe fatiche dei campi e dei contadi si susseguivano al rintocco vivace della campane. Ce n’erano di tutti i tipi: quelle che annunciavano le festività religiose, quelle che ricordavano alla popolazione il sopraggiungere di eventi importanti o ancora quelle che ammonivano dell’imminenza di pericoli.
Questa millenaria tradizione ha sviluppato nel tempo una sua chiara dignità artistica. Dal più antico e semplice rintocco si è passati nei secoli a delle complesse melodie, che richiedevano l’orecchio attento e la meticolosa coordinazione di diversi musicisti.
Ed anche il bel paesino di Barco, così a stretto contatto con la natura che lo circonda e arricchito dal grande senso di comunità dei suoi abitanti, ha il grande vanto di perpetuare questa importante consuetudine.
Tutto nasce da un’idea, ossia quella di cercare il futuro tornando al passato. L’ideatore è Amilcare Pezzola, orceano doc e apprezzato gommista della città.
“Volevamo recuperare una vecchia tradizione, che nel corso degli anni stava ormai svanendo – ha raccontato – Ci siamo dunque ritrovati come vecchi amici e abbiamo deciso di tornare, ogni domenica e durante le festività, per suonare le campane issate sul nostro campanile”.
Ed è così, dalla volontà di ritrovarsi in uno dei luoghi della propria gioventù, che da tre anni è nato il gruppo dei Campanari di Barco.
Ad accomunare questi amici è il loro passato: tutti, dall’infanzia all’adolescenza, sono stati chierichetti o sagrestani, svolgendo quello che allora era un servizio indispensabile per qualsiasi giovane.
Oltre ad Amilcare, a tirate le corde delle campane rispondono all’appello i fratelli Massimo e Ermanno Biatta, Gianmario Valsecchi, Ascanio Quaranta e Giacomo Fabuselli.
“E’ ancora vivo in noi il ricordo del passato – hanno raccontato – Come dimenticare infatti quello che chiamavano gergalmente “il battesimo”, ossia una specie di iniziazione per coloro che entravano in servizio nel gruppo dei chierichetti. Ci si appendeva alla corda del campanone e ci si lasciava tirare su fino a sbattere la testa sul piccolo soffitto di legno. Facevamo tutti delle grandi risate, meno forse quello che tornava a casa con un bel bernoccolo!”.
I ricordi affiorano con forza, come se fossero loro a voler uscire dalla bocca di coloro che li conservano con gelosia, affinché l’oblio non li cancelli.
“Abbiamo imparato in questi anni di pratica a suonare diverse melodie – hanno concluso – Nonostante i dubbi iniziali, ad ora possiamo vantarci di essere in grado di fare qualche buona scampanata!
Ogni domenica, prima di messa, siamo qui per rallegrare la cittadinanza e per conservare questa bella tradizione”.
Un ringraziamento ed un augurio, dunque, a questi energici orceani: che i vostri rintocchi possano essere sempre un ricordo carico di significato per tutta la comunità.
Leonardo Binda