Visto che, con tutte le liturgie del caso, compreso le bande musicali che intonano Il Piave e la contestuale deposizione delle corone di alloro al monumento ai caduti, Covid permettendo, tra poche settimane in tutta Italia verrà celebrata la ricorrenza del IV Novembre. 

Vale la pena ricordare che a Roccafranca è stato recentemente celebrato il centenario del monumento ai caduti. 

Occasione, questa, che, aiutandoci con un po’ di materiale trovato in rete, ci consente di fare una veloce (ma doverosa) panoramica su questi luoghi della memoria. Cominciamo col dire che per monumento «intendiamo un’opera creata con l’obiet-tivo di fare memoria di un determinato avvenimento». Va da sé che i monumenti eretti in (quasi) tutte le nostre città a ricordo dei caduti nella Prima Guerra Mondiale «rientrano in questa definizione, anche se, al momento della loro edificazione, questi manufatti assunsero un valore spesso ricco di significati simbolici in gran parte non presenti prima».

I morti, la distruzione, le perdite che avevano colpito quasi ogni famiglia, ma anche la disastrosa situazione economica, «determinarono la necessità di idealizzare la memoria della guerra appena terminata, fino a renderla quasi sacra. 

Ciò che rende unici i monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale sono l’idea e l’ideologia che ne stanno all’origine: la loro funzione non fu solo quella di celebrare il coraggio di un esercito o di ricordare dei soldati morti in battaglia, ma di identificarli singolarmente come eroi, vittime consapevoli e garanti di un dovere collettivo verso la Patria. 

Con la Grande Guerra, infatti, i monumenti ai caduti cessarono di essere testimonianze anonime e su di essi iniziarono a comparire i nomi dei singoli soldati, nel tentativo di onorare ciascun morto in guerra non per delle gesta individuali, ma come parte di un progetto più “alto”: quello di rendere potente l’idea di Patria quale simbolo di aggregazione sociale».

Insomma: attraverso i monumenti veniva celebrata una sorta di uguaglianza di fronte alla morte in battaglia indipendentemente dal grado militare di quanti avevano sacrificato la vita. 

Il gesto eroico di un soldato semplice veniva equiparato al valore di un alto ufficiale: «Si affermò dunque l’idea di una sorta di democratizzazione della morte».

Ancora: «Se l’obiettivo immediato dei monumenti ai caduti era la commemorazione dei soldati, i testi delle lapidi e il tipo di raffigurazione ne facevano emergere anche uno altrettanto importante. 

Iscrizioni e sculture, infatti, tendevano a descrivere la guerra come sofferenza giusta e quasi necessaria; i soldati venivano rappresentati come eroi che, volontariamente, avevano sacrificato la propria vita per la patria. Monumenti e lapidi presentavano la Grande Guerra come momento di “grandezza” e di esperienza sostanzialmente “positiva” per la comunità: l’obiettivo era non solo di offrire alle famiglie un conforto e una giustificazione per la morte dei loro cari, ma anche di costruire la memoria di una guerra “grande” che permettesse ai sopravvissuti di affrontare meglio una realtà sociale ed economica molto difficile».

Già che siamo in argomento, ricordiamo che a Lubiana è stato eretto il Monumento ai Caduti di tutte le guerre. Commissionato nel 2013 per commemorare le vittime di tutte le guerre e di chi ne rimase coinvolto, questo monumento venne inaugurato il 13 luglio del 2017.

MTM