La fortezza di Orzinuovi era di importanza strategica e militare per la Repubblica Veneta, in quanto posta al confine con il Ducato di Milano, governato dagli Spagnoli. Lo “status” di fortezza confinante con il più potente avversario della Serenissima, la Spagna, comportava aspetti di criticità, che erano comuni in ispecie alle fortezze di piccole dimensioni come Orzinuovi, Legnago, Asola e in qualche modo anche Crema. Il fatto di essere “considerata negli anni dopo Agnadello [1509] la punta di diamante della difesa del ricco territorio bresciano e una delle fortezze chiave della Terraferma, deforma la stessa vita cittadina”. Il riflesso più negativo sulla vita sociale ed economica della cittadina è l’involuzione demografica: il provveditore Pietro Zen nel 1558 attribuiva a Orzi una popolazione di 4.222 abitanti, mentre Benedetto Tagliapietra nel 1608 ne contava solo 2.577. Questo aspetto sarà oggetto di approfondimento in un prossimo articolo. In questo intervento metterò in luce un altro aspetto negativo con effetti turbativi sul bilancio comunale e sulla vita stessa della cittadina: la presenza assidua di soldati. La costante presenza di soldati che in occasione di «rumori di guerra» negli stati vicini raggiungeva “livelli quasi intollerabili”, imponeva “gravami di varia natura, tra cui l’onerosissimo obbligo di alloggiare le truppe”che impattava negativamente sul misero bilancio comunale. La presenza di soldati, oltre alle conseguenze economiche accennate, era causa di continue tensioni sociali, che a volte sfociavano in risse cruente, con gli abitanti del borgo. Alvise Magno, Provveditore di Orzinuovi, nella sua relazione del 1563 affermava che Orzinuovi era “habitato da un populo tropo curioso, facilissimo anzi precipitoso a pigliar l’arme et per ogni minimo accidente tumultuoso non solo tra lor stessi ma molto più contra li soldati di Vostra Serenità”. Alvise Mocenigo nella sua relazione del 1619, auspicando che “il comando di quella piazza doveria essere tutto del Proveditore” (e non condiviso con il Podestà mandato dalla Città di Bressa), affermava che in questo modo gli abitanti “non incontrarebbono così facilmente come fanno le occasioni de disordini e di urtar con la militia, come ben spesso succede et in occorrenze simili sono tutti uniti contra di essa”. Sottolinea inoltre che questa tensione “potrebbe anco riuscire molto contraria al publico servitio e partorire disordini e male conseguenze”.
Fra tutte le zuffe intercorse tra soldati e terrazzani è sicuramente da ricordare, per la sua gravità, quella avvenuta nel 1527 e riportata da D. Codagli nella sua opera “L’HISTORIA ORCEANA” e da C. A. Mor in “LE ORIGINI E LE TRADIZIONI STORICHE DI ORZINUOVI”.
Nel mezzo della piazza scorreva allora, ancora non coperto, il “fiume Orci” sulle cui rive c’erano dei lavatoi, dove, “come richiedeva il costume, calavano le donne a lavare”. Quivi “un giorno fra’ l’altri”, era discesa per lavare dei panni “tutta soccinta una leggiadra, e graziosissima Donzella di singolare belezza, figliuola di Picinotto Cocco”; mentre era intenta nel suo lavoro venne raggiunta da un “temerario Soldato” che per “isfogar la disonesta voglia” l’aveva molestata. La giovane spaventata “gridò disperatamente chiamando al soccorso”. Accorse in suo aiuto della gente, “ed al grido «a la zapa! a la zapa!» diede mano alle armi”. Richiamati dal trambusto accorsero anche altri soldati. Ne scaturì una lotta sanguinosa “a randellate, a spiedate, a spadate, ad archibugiate”. Molte zone del borgo furono interessate allo scontro cui parteciparono “fino le Donne, i Frati, e i Fanciulli”. Intervenne il Provveditore nel tentativo di sedare la zuffa, ma venne aggredito da un sergente “chiamato il Mirandola” e se “non fusse stato repparato da gl’Orceani, haverebbe allora e giorni suoi finiti”. S’incrudelisce lo scontro. In un punto vennero “scanati diecisette” soldati e in un altro venticinque. “Dei nostri: molti feriti, uno solo ucciso”, annota quasi compiaciuto e orgoglioso il Mor. Più realistico il Codagli parla di “non pochi de nostri” uccisi. [Sia permesso un inciso “letterario”: le pagine 148 e 149 del Codagli relative a questa zuffa, sono fra le più vivide e godibili dell’intera opera].
Un’altra vicenda decisamente sgradevole di scontro tra soldati e terrazzani ebbe luogo nel luglio del 1606. Il fatto è narrato nella nuova opera fresca di stampa di chi scrive: ORZINUOVI E L’INTERDETTO DI VENEZIA (1606-1607).
Venerdì 23 luglio, Orzinuovi è teatro di un grave episodio di violenza da parte di un buon numero di soldati della Compagnia dei Corsi. Il verbale del Consiglio comunale, inedito (vedi figura a lato), ci permette una sommaria ricostruzione dei fatti.
Il giorno 22 alcuni componenti della famiglia di Bartolomeo Fenarolo, eminente personaggio della comunità orceana che ricopre la carica di console, si scontrano con il luogotenente Carlo della compagnia dei Corsi. Non ci è dato sapere la causa. Il soldato ha la peggio. Il giorno successivo (23 luglio) il luogotenente decide di vendicare l’oltraggio. Spalleggiato da parecchi soldati della sua compagnia e con l’intervento addirittura del Capitano dei Corsi (“accompagnato da molti de suoi soldati […] anco il signor Capitano d’essi soldati”), abbandonato il luogo che doveva vigilare (“abbandonando la custodia ove erano alla porta di sotto de questa fortezza”), fa circondare la casa del Fenarolo, facendovi irruzione con la forza e perquisendola in ogni suo angolo, alla ricerca di coloro che si erano scontrati con lui (“ricercando con molta diligenza per tutte le stantie o Camare […] anco fin nelle stalle”). Prudentemente i familiari attori dello scontro (“suo figlio abiatici et altri”) si erano ritirati a Brescia il giorno precedente (“ma per divina provvidenza il giorno precedente eran cavalcati alla città di Brescia”). I soldati sparano colpi d’archibugio ferendo in modo grave due servitori del Fenarolo. Al governatore della fortezza, che presidiava l’entrata principale della casa, fu fatta violenza dai soldati (“prendesse la porta maestra di essa casa […] con un’arma d’asta, gli fu fatta violenza da esso Capitano entrando per forza in casa”).