Come tutti gli anni all’approssimarsi delle feste natalizie sorge l’amletico quesito che diventa spesso un tormentone interno su cosa regalare a parenti, amici, conoscenti; ma soprattutto il pensiero di quali persone annoverare nella lista degli eletti e meritevoli di ricevere i nostri doni.
Quest’anno gli faccio qualcosa oppure no?
L’anno scorso cosa ho ricevuto in regalo?
No quest’anno gli mando via sms gli auguri e basta!…. Dubbi, aspettative, desideri, speranze, un mix che il più delle volte diventa uno sfibrante pensiero generatore di ulteriori ansie rispetto a quelle che già si hanno e che distolgono dall’ opportunità che la festività del Natale offre come momento di sospensione ricreativa e rigenerativa dalle attività lavorative quotidiane.
Per qualcuno poi, l’av-vicinarsi del Natale, è vissuto come il peggiore momento dell’anno che si vorrebbe evitare perchè ammantato da un alone di falsità, di apparenze formali, di rituali codificati, riprodotti e svuotati di anima, di senso.
Al di là delle ragioni dell’uno o dell’altro portate a sostenere una tesi piuttosto che un’altra, basata su vissuti, credenze, convinzioni, esperienze, credo sia importante riportare l’attenzione sulla centralità di quello che siamo e delle relazioni che viviamo, se non altro per riempire di significato un gesto, quale quello del donare, che altrimenti rischia di essere un “dovere” indotto dalla tradizione oltre che un ulteriore impegno da aggiungere alla lista delle cose da fare.
Recuperare questa dimensione dell’essere, forse, è un antidoto a non lasciarsi travolgere dal vortice del-l’“avere”, dello shopping, dei regali a tutti i costi; può essere il faro che ci orienta nella scelta di quali sono le relazioni di cui vogliamo prenderci cura e coltivare nel tempo, e, perché no, anche nell’essere più sobri negli acquisti e meno ridondanti nel cercare di fare mostra di sé agli altri.
La decisione del regalo, del dono da mettere sotto l’albero può divenire, seguendo questo pensiero, l’espressione di un sentire che, proprio perchè più consapevole, non è ispirato da un costume che si tramanda di generazione in generazione, bensì scaturisce da un moto interno più sincero, più veritiero di quello che siamo. Riscoprire questa dimensione più umana di sé e dei rapporti che si vivono, al lavoro come in famiglia e tra gli amici è ciò che la festività del Natale offre come momento di riflessione, di meditazione a cominciare da se stessi per muoversi verso gli altri in maniera più trasparente, più autentica, più limpida e più generosa.
Purtroppo oggi, la sensazione è che i momenti del pensare, del riflettere, del meditare su ciò che si sta vivendo e facendo sembrano essersi trasformati in tempi da riempire attraverso l’azione oppure attraverso la corsa affannosa e forsennata all’acquisto di questo o quell’oggetto da possedere o regalare.
Cerchiamo quindi di approfittare di questo momento di festività natalizio per coltivare la ricchezza interiore che proviene dallo spostare il focus della nostra attenzione dall’avere all’essere, per ridare valore a ciò che ha valore e non è soggetto al fluttuare delle mode e dei tempi passeggeri.
Il pensiero, la riflessione e la meditazione sulla dimensione umana dei rapporti interpersonali sono gli unici strumenti con cui ripartire per sentirsi più maturi e più ricchi di esperienza.
“Se sono ciò che sono e non ciò che ho, nessuno può privarmi della mia sicurezza né del mio senso di identità, e neppure minacciare di farlo”. E. Fromm
Buon Natale a tutti!
Il Centro per la Famiglia