Anna Karenina, “Le cortigiane” di Honoré de Balzac, ma soprattutto Emma Bovary: sono solo alcune delle donne protagoniste di grandi classici della letteratura mondiale alla quale la scrittrice Anilda Ibrahimi, ospite al Don Milani il 7 dicembre scorso, si è ispirata per la stesura del suo romanzo,“Volevo essere Madame Bovary”, da poco insignito del Premio Letterario Giuseppe Acerbi a Castel Goffredo.
Questo libro parla di una donna, Hera Merkuri, figlia del periodo socialista albanese, cresciuta leggendo molti classici della letteratura, soprattutto di Balzac e Tolstoj, che promuovevano un modello di donna che voleva affermarsi, senza pensare ai pregiudizi della gente, bella e fedifraga, ma altrettanti libri di propaganda che mostravano la donna ideale del Partito e i suoi doveri principali, ossia sposarsi, badare ai figli e alla casa. Così, Hera è cresciuta in bilico tra il desiderio di diventare qualcuno, trovare l’amore, come quello che veniva descritto nei tanti libri che leggeva da ragazzina, come la protagonista di “Madame Bovary”, e la consapevolezza di dover seguire le regole imposte dal Regime. La Hera bambina che sogna in grande, realizza il suo sogno di libertà quando ottiene la possibilità di trasferirsi in Italia per studiare. Lontana dalle sue origini, smarrita, sentendo costantemente il richiamo del passato, a Roma troverà il suo punto di riferimento, Stefano, che la aiuterà ad orientarsi e diventerà suo marito, con la quale darà alla luce i suoi figli adorati. Ha costruito una famiglia diversa dal modello socialista, ma il richiamo alla terra natale e il desiderio di attenzioni sono così forti che intraprenderà una relazione con un uomo albanese, Skerd, con cui non ha nulla da condividere se non il suo corpo. Il solito cliché del triangolo amoroso diranno i più superficiali, mentre i più attenti noteranno che l’autrice affronta, grazie al personaggio di Hera, diversi temi importanti, come l’importanza della donna durante il Regime socialista, nonché lo sdoganamento della figura femminile dell’amante frivola e solamente bella, ma anche il tema della sessualità. Come affrontato durante l’incontro, Hera, come la giovane Emma Bovary, non ha avuto paura di prendere ciò che desiderava e ciò ha nettamente superato la sua voglia di emanciparsi. Ma questo non vuol dire che Hera abbia abbandonato la sua indipendenza per essere sposa e madre. Infatti, come sottolineato dalla scrittrice stessa, questo era quello che riteneva giusto per sé stessa in quel momento e per questo motivo la sua decisione non deve diventare un “j’accuse”, non deve essere messa alla gogna pubblica.
Ma purtroppo questa realtà di Hera rappresenta la vita di milioni di donne nel mondo, che sono costrette, da un governo e una società che non aiuta, ad abbandonare il proprio lavoro, per educare i propri figli nel privato, talvolta anche per i costi elevati delle rette delle scuole d’infanzia. Hera è una donna che non ha paura di ciò che la gente pensa, è una donna che sdogana attraverso le sue azioni i pregiudizi inflitti in ogni bambina, ragazza e donna del mondo. È una donna bella, di una bellezza che secondo sua nonna Asmà “uccide”, che lotta per la sua emancipazione anche attraverso il suo corpo, il suo essere amante senza paura, il suo essere militare, il suo essere madre, il suo essere sposa. Ma non si può pensare di prenderla come esempio: ognuno di noi ha un suo vissuto personale, che ci segna, ci plasma e ci fa crescere, condizionando i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Per questo, l’autrice , durante l’incontro, ha invitato gli studenti presenti a non inseguire modelli ideali imposti dalla società, dai talent show o dai social, ma di seguire i nostri desideri e di ricercare la nostra strada dentro di noi.
Un altro aspetto che emerge evidentemente durante la lettura di questo romanzo è il contesto storico particolare in cui è ambientato: il periodo del regime socialista in Albania. Infatti, la protagonista non solo è cresciuta istruendosi attraverso i libri approvati dal Partito e quelli censurati, con l’unico scopo di condannarli, ma ha dovuto anche esercitare la leva militare obbligatoria. In quest’ultimo dettaglio, possiamo vedere come la figura femminile veniva percepita all’interno del Regime: la donna era considerata la forza della rivoluzione ed emancipata economicamente, lavorava al pari di un uomo, ma in casa svolgeva sempre lei le faccende di casa, mentre l’uomo andava al bar o andava a dormire. Era un patriarcato di tipo socialista. Anche in questo la figura di Hera è abbastanza rivoluzionaria: lei decide di costruirsi una famiglia, rifiutando però il modello della famiglia socialista perfetta, impostogli sin da bambina.
Questo romanzo è un grande invito a non condannare a priori le scelte di qualcuno, ad andare oltre l’apparenza, oltre il pregiudizio, ormai fortemente radicato in una società che tende ad omologarsi. Perché tutti potremmo essere a nostra volta Hera Merkuri o Madame Bovary, come non esserlo mai, ma l’importante è essere consapevoli delle proprie decisioni e rimanere fissi su quelle, per non lasciarci travolgere dal mare d’odio che nutre la società contemporanea.
Sara Picetti, classe 5B Liceo linguistico