La fenice è il leggendario uccello dalle piume variopinte che muore e si rigenera ogni volta dal suo rogo profumato. A questa figura sono ispirate le opere dell’artista manerbiese Daniela Ziletti, che sono in realtà manifestazioni di un’unica opera: “Millepiume”.

Di che si tratta? Di un’installazione creata con innumerevoli cravatte colorate, donate dai parenti del defunto proprietario o regalate da ammiratori dell’arte di Daniela. Di volta in volta, nelle cornici di ville o palazzi, queste cravatte vanno a formare la figura di una dama in un mondo di fiaba. “Millepiume” non è mai uguale a se stessa e non si ripropone mai nello stesso posto. Splendida, accurata ed effimera, ricorda quei mandala di sabbia che vengono composti a scopo meditativo, per poi restituire la propria “divinità” all’universo. 

La prima volta che questa “fenice” ha incantato gli spettatori correva l’anno 2013. Daniela era alla Base NATO di Bruxelles, durante la celebrazione della Festa della Repubblica. 

Da allora, “Millepiume” è risorta in numerosi scenari da sogno: Palazzo Loggia e l’Istituto Moretti Fortuny a Brescia, l’Isola del Garda, Villa Mazzucchelli, il Museo Musa di Salò, il Castello di Montichiari… A Roma, ha preso le sembianze della Vittoria Alata: una soddisfazione bresciana. 

Naturalmente, è arrivato anche il turno della natia Manerbio. Daniela Ziletti è tornata temporaneamente al nido per creare 

in loco una versione di Millepiume, esposta dal 5 al 13 ottobre 2024 nel Salone d’Onore del Palazzo Comunale. L’ingresso era libero e le visite erano guidate. L’installazione vera e propria era preceduta da creazioni “minori”, fra cui spiccava un gigantesco cuore dedicato alla Civica Associazione Musicale S. Cecilia. 

Nel Salone d’Onore, i visitatori erano condotti al buio. Pian piano, le luci si accendevano, a rivelare la figura d’una dama settecentesca circondata dai fiori d’un giardino e da colonne classicheggianti. La figura femminile era colta nell’atto di piegare le ginocchia per sedersi, sotto l’immensa gonna. Là, tra gli affreschi che creavano una loggia immaginaria su un giardino da idillio, quella dama ricordava il desiderio di agi e riposo che aveva portato i Luzzago a soggiornare nel palazzo manerbiese. Distinguere l’intreccio di migliaia di cravatte pazientemente cucite contribuiva a togliere il fiato per la meraviglia. I riflessi delle stoffe lucide sembravano davvero quelli di un piumaggio esotico.

Proprio come la fenice e come l’animo degli artisti, “Millepiume” non tornerà più qui. Ha già preso il volo, com’è nella sua natura. Questo ne ha reso l’incanto ancora più prezioso e unico. Penserà la memoria a consacrarlo. Del resto, nulla è più bello di ciò che rimane nella pura immaginazione.

Erica Gazzoldi