Passeggiando sotto l’ombra delle vestigia della Brixia romana o, per i più fortunati, godendosi lo straordinario panorama dei Fori Imperiali della Capitale, non si pensa che la potenza dell’antica Repubblica e poi Impero romuleo si fosse profondamente “radicata” anche lungo le strade e per i campi che durante qualche scampagnata estiva abbiamo avuto occasione di solcare.

Ebbene, il nostro territorio fu interessato da una massiccia romanizzazione già a partire dal II secolo a.C., quando ormai le popolazioni di cultura gallica originariamente ivi insediate a poco a poco si assimilarono ai conquistatori, creando delle condizioni di sincretismo culturale che ancora oggi posso incuriosire. Un esempio poco noto e che ritengo meritevole di riportare all’attenzione è il ritrovamento, avvenuto pochi anni orsono, nel 2018, di un’ara iscritta dedicata al dio celtico Bolgolius (la cui denominazione è esito evidente di una latinizzazione e che l’autore di un interessante articolo in merito, Gian Luca Gregori, ordinario di Epigrafia Latina e Antichità Romane presso l’Università La Sapienza). Il dedicante è un tale Tertius Donnedus, figlio di Terullio – non ancora in possesso di cittadinanza romana e legato ad un sistema onomastico che rimanda ad una probabilissima origine indigena – il quale decise di offrire tale oggetto alla divinità, come lui stesso segnala nell’epigrafe per il positivo esito di un voto a lei rivolto e, pertanto, rendendola meritevole di riconoscenza.

Tale ritrovamento, per nulla di secondaria importanza, non solo permette al monumento di guadagnarsi almeno due primati – la prima epigrafe rinvenuta ad Orzivecchi e la prima tra gli “Urcei novi” e i “vecchi” non dedicata ad una divinità spiccatamente afferente al pantheon greco-latino –, ma altresì chiarisce – o, quanto meno, aiuterebbe a chiarire – l’attuale denominazione, ancora conservatasi, di “pieve del Bigolio”,  con la quale è nota la chiesina di campagna proprio fuori l’abitato, già noto centro cultuale ben prima dell’arrivo dei Romani.

Una piccola curiosità che getta maggior luce sul passato delle nostre contrade.

Leonardo Binda