Il sapore della notizia della morte di Giannino Magli è di un amaro tutto suo, capace di suscitare un’emozione pari a quella prodotta dallo scagliarsi di un fulmine a ciel sereno, del frastuono prodotto dalla caduta di una colonna che si immaginava non vacillasse mai.
Classe 1930, uomo d’altri tempi, per più di quarant’anni presidente della Fanfara dei Bersaglieri di Orzinuovi, anch’egli orgoglioso “fante piumato”, Giannino, forte della sua passione per le lingue, uomo di sfide, sentì ben presto il desiderio di viaggiare, di recarsi oltre la Manica in terra d’Albione, dove ebbe modo di costruirsi una breve ma avventurosa carriera da soccer player in squadre del calibro della ben nota Aston Villa. Innamorato dell’arte, attento e intuitivo antiquario, seppe comprendere anzitempo, con grande sesto senso, lo straordinario potenziale dei pittori dell’est, all’epoca ancora relegati al di là della “cortina di ferro”. Fu una nuova avventura, anch’ella vissuta con grande intensità, capace di fare di Orzinuovi, a suo modo, una piccola capitale dell’arte mondiale, crogiolo di incontri, di trattative e, soprattutto, di grande amore per il bello.
La scomparsa di Giannino significa ben più di quanto possa sembrare ad un giovane qual’è colui che scrive: la sua figura, semi-mitologica, che era possibile scorgere in rare occasioni, poteva solo ispirare nella mente cosa avessero visto e vissuto quegli occhi incavati, ma sempre vispi e attenti. Sarebbe stato bello intervistarlo, o fare anche con lui solo qualche chiacchiera in amicizia.
Un po’ Ulisse un po’ Siddharta, un uomo innamorato della curiosità, capace di farsi cullare, senza mai cedere al canto delle sirene o alle lusinghe di Kamala nel suo giardino della lontana India, tra le mille pieghe dell’umano.
Leonardo Binda