Egregio Direttore,
il monumento ai caduti di piazza Cesare Battisti è molto caro ai manerbiesi: un cippo marmoreo a più strati, sovrastato da un gruppo in bronzo ove figura un combattente ferito che, cedendo le forze, fino allo stremo si aggrappa alla bandiera. In pratica, è una idealizzazione dei nostri paesani combattenti e morti in guerra. Il monumento è stato progettato con forme plastiche che avrebbero dovuto dare l’idea di ciò che si voleva rappresentare e il risultato sembra in effetti ottenuto. Si trova inoltre proprio su un punto di riferimento dei cittadini, quella piazza che presenta la sede del Comune nello storico palazzo Luzzago. Peccato che l’atmosfera patriottica del monumento venga disturbata in modo impietoso ed irriguardoso da ciò che lo circonda: auto parcheggiate addossate al suo recinto, che il “rispetto” vorrebbe fossero tenute almeno un po’ più discoste. Un monumento è un luogo sacro, possiede la memoria dei nostri padri, la loro sofferenza nei campi di battaglia, le loro atroci prigionie, e tale sacralità va quindi conservata ed onorata. Dovrebbe essere, possibilmente e secondo la sensibilità di ognuno di noi, un’opera d’arte che faccia riflettere, anche chi, come me, non è particolarmente patriottico. Dobbiamo dire invece che la parte bronzea è piuttosto trascurata, presentando varie zone coperte da fasce di ossidazioni evidenti che andrebbero tolte con una generale ripulitura. Speriamo nella nuova Amministrazione, che personalmente incarichiamo anche di un altro compito di ripristino monumentale. A Manerbio, si sa, la torre campanaria, a suo tempo è diventata tale utilizzando un precedente “torrione” del castello, ed è di proprietà del Comune, così come spetta all’Amministrazione la sua cura e la manutenzione. Ebbene, non possiamo dire che la torre sia particolarmente curata: basta guardare lo stato pietoso in cui versa il “basamento”, tutto ricoperto da uno strato verdastro di muffe o quant’altro, che non danno una bella immagine di sé. Nei mesi estivi sulle mura sovrastanti crescono anche cespuglietti verdi in tono con la tinta sottostante. Anche in questo caso dobbiamo sperare in un intervento risolutore della nuova compagine amministrativa, a cui vengono affidate tutte le nostre aspettative. Ci sarebbe anche da ripristinare quella sottospecie di “fontanella a raso” in Piazza Bianchi, munendola magari di un riparo attorno per non lavare i piedi ai passanti sbadati, tanto più che dalla sistemazione iniziale le venne attribuito subito il nome popolaresco di “laa pè”. Doveva in teoria rappresentare il nostro Mella, ma, senza qualche cascatella o gioco d’acqua, di piatto non rimane solo l’effetto ottico. Qualcuno certo dirà che in questo momento vi è ben altro a cui pensare, però partiamo dalle piccole cose per guardarci intorno con più fiducia nel nostro locale vivere quotidiano.
Luigi Andoni