Dare l’esempio, essere attente e attive sentinelle sul territorio e non avere paura di recarsi dalle Forze dell’ordine per denunciare.
È stata una serata molto interessante quella di venerdì 27 ottobre quando il nostro centro educativo ha ospitato il primo di una serie di appuntamenti rivolti alla comunità e inseriti nell’ambito del progetto «Crescere buoni cittadini» che vede il Comune di Orzinuovi lavorare a stretto contatto con tutti gli istituti scolastici del territorio. Un incontro gestito da Alessio Bernardi, magistrato dello Stato italiano e sostituto procuratore della Repubblica, che lavora nel dipartimento bresciano che si occupa dei soggetti deboli. Insieme a lui anche il consulente informatico Cesare Marini. Presenti anche Luca Bulla, assessore alla Pubblica Istruzione, i rappresentanti di Carabinieri e Polizia Locale, oltre ai dirigenti scolastici delle scuole del territorio.
Un lungo incontro durante il quale il magistrato e i suoi collaboratori hanno spiegato i pericoli che si celano dietro allo schermo, quali sono le ultime “tendenze” del web e come comportarsi. «Spesso i minori non possiedono un’educazione alla cittadinanza digitale quindi compiono reati ma non c’è intenzionalità di offendere o violare la legge, sono totalmente inconsapevoli – ha spiegato Bernardi – Quando ci rivolgiamo ai genitori ci troviamo davanti a due categorie: ci sono quelli collaborativi che spesso non conoscono il mondo che i ragazzi esplorano o non hanno gli strumenti per aiutarli, ma ci sono anche coloro che assumono un atteggiamento di difesa dei propri figli, un atteggiamento difficile da affrontare. Quello che noi stasera vi proponiamo in quanto educatori e genitori è una riflessione sulle nostre responsabilità di adulti».
Prevenzione dunque come obiettivo primario. «Io faccio repressione, quando a noi arriva la pratica il reato è già stato commesso – ha detto il magistrato – L’obiettivo invece è impedire che venga commesso, perché questo significa salvare minori o persone fragili». Da qui una carrellata dei principali reati connessi al web: dalle banali challenge per arrivare al grooming (l’adescamento di minori che li spinge ad abbassare le resistenze, a fidarsi fino a parlare di argomenti sessuali), al sexting e alla sextortion. E sul cyber-bullismo il magistrato ha ricordato: «Le condotte “scherzose” dei ragazzi in realtà sono reati, a volte hanno effetti deleteri. Se faccio cyber-bullismo posso portare un coetaneo al suicidio, ne abbiamo svariati esempi. Fino ai 14 anni il minore non è punibile ma le conseguenze sono pesanti e comunque lo sconto di pena è solo di un terzo».
Si è riflettuto sulla facilità con la quale i minori inviano materiale intimo a perfetti sconosciuti che rappresentano per loro dei punti di riferimento. Gli stessi che spesso mancano nelle loro case, per via di quei genitori impegnati a vivere le loro vite con lo smartphone in mano, che non sono in grado di cogliere i segnali che arrivano dai loro figli. «A volte noi adulti prendiamo sottogamba i segnali che i ragazzi ci lanciano – ha spiegato il consulente Marini – Quando entriamo in camera loro e notiamo che chiudono il monitor, tolgono l’audio, cambiano il pin di accesso al telefono. Questi sono segnali, che magari non portano a nulla, ma verificate. Non permettete ai vostri figli di modificare l’accesso ai dispositivi tagliandovi fuori, inserite parental control, controllate insomma! Prestate attenzione a come si vestono i vostri figli, se hanno vestiti griffati che voi non avete acquistato, se va bene è spaccio se no è altro».
Se si scopre uno di questi fenomeni che fare? Gli esperti consigliano il dialogo con i ragazzi, l’apertura non la chiusura, ma soprattutto, in caso di dubbi «non mettetevi a fare gli investigatori privati ma denunciate alle Forze dell’ordine» hanno concluso.