Per il tempo che ho passato bisticciandoci moralmente, nella mia testa l’addio a Forbice-Shop è stato un mezzo evento pubblico/locale. Probabilmente ero io catalizzato, polarizzato. Chiaro problema di presunzione che va sistemato subito con un oscuro intervento nero su bianco. L’intenzione non è mega ambiziosa, solo il piacere di aver scritto qualche riga, per poi appendere la copia della pagina stampata accanto al nuovo ingresso domestico. Un giorno magari mi servirà per fare due calcoli temporali e di contribuzione inps, oppure sarà la mia teca d’emergenza rimpianti: . Prendersela con qualcosa che non si può cambiare è un po’ antidepressivo. No?
Di seguito non c’è lo smascherato punto di vista personale sul negozio che chiamavano Forbice-Shop, avvalorato da calibrati tentativi di individuare un contesto scatenante. Per niente. C’è solo il saluto che mancava, senza scomode conclusioni. Ritaglio timido, licenzioso, perditempo e riempispazio. Il minimo che si potesse fare, in coda al momento “u-turn” più goffo cui potessi anelare.
/ WARNINGS: Subentreranno frustrazione, desiderio di rinuncia e hype del dubbio.
Leggere piano, sospendere la lettura, scorrere in fretta col dito indice. Massì, mettersi scomodi è un’opzione più che aperta dei nostri tempi /
Ho sempre pensato il negozio come a una sala metafisica di casa. Riuscivo, dal letto, nei ripieghi prima del sonno, a passare un momento in bottega.
L’edificio stesso era un club sandwich alla Forbice-Shop. Primo, secondo, terzo piano: rafano, uova, cipolla, polenta, caviale, tofu. Eclettici e sconsiderati chef Forbice! Un morso al panino per godere oggi, ‘na pinta d’acqua per cacciar giù il boccone domani.
Come si dice quando tutto sembra essere connesso a un elemento scatenante.. Origine? Causa? Per me si è sempre detto “Forbice-Shop”.
A voler trovare una genesi, Forbice è una famiglia che si è ritagliata su varie strade, più o meno lontane e divergenti. Tutte però partendo dalla stessa pagina, dal capitolo 1925. “Materiali Elettrici Forbice”, ovvero Nonno Umberto.
Commerciare al tempo era diverso. E io non sono un narratore abbastanza avventuroso. Chi racconta un’attività di negozianti forgiata in un secolo? Marcel Proust, fosse stato coccolato in qualche polverosa rivendita con un piccolo laboratorio sul retro, non avrebbe neppure mai preso in mano la penna di fagiano, se non per annotare qualche credito col vicino, e del calamaio avrebbe pensato che l’inchiostro costa troppo. Perché così avrebbe sentito dire in casa.
Eppure Forbice-Shop viene da quel Caro Signor Forbice Umberto, prima di tutto artigiano, falegname e cesellatore. Nobile figura, capostipite, che non mi permetto di tradurre, qui, in qualche asmatica, miope parola. Non credo proprio di saperne abbastanza. L’energia che spese allora vive ancora nei meandri della stirpe. Basta questo per ricordarlo. Per andare da Forbice-Shop si doveva fare un salto “in piazza a Orzi”. Villaggio, paese e città che, del fatto di avere ininterrotte vetrine, lungo i lati del quadrilatero con Chiesa, ha stabilito una propria originalità. «Orzi È Unica». La Piazza, anello di fidanzamento parcheggiabile che ha fatto girare occasionali carovane di vite, correlate dal peccato originale dell’incontro in persona, nell’esaltazione pre-smartofona degli appuntamenti a raduno, ha alimentato nelle anime orceane una buona (e sana) autostima. “ Andiamo a fare un giro a Orzi!”. E i commercianti non sono mai stati lì per contorno; pensi sia un perimetro, quello disegnato dalle insegne, ma è Cielo e Girone. Un ecosistema, spesso famigliare, custode del movimento imperfetto che la Piazza mette in scena dal tempo dei castra castrorum: avvenimenti, crisi e riti.
[Imbarazzante flex latino, I know]
Qua parte un momento apocalips-tessile
Oggi c’è un manto digitale che sembra globalizzazione avvolta da pesante fustagno. Ci sono, è vero, potenzialità straordinarie, leggere come tulle, che vederci sotto può darsi sia eccitante. O tetro. In fondo peró si sente la texture di un clima confuso, haute-couture sperimentale. “Forbice-Shop” invece era pret-a-porter spontaneo. «Insieme fanno un po’ cringe» (cit. anonima)
Ma non sono i saluti di “Forbice-Shop” a stabilire un punto convergente del tempo che passa. Per forza quello “à-la-boutique” è un modello difficilmente ripetibile in versione country-town. E il fatto di per sé non è un bene e nemmeno un male. I cicli del cambiamento oggi sembrano assemblati in serie. Perciò, dacché la crisi è parte essenziale della trasformazione, in questa fucina di ammodernamento intensivo si finisce per dover affrontare nuove sfide al folle ritmo che rende immobili. E Forbice-Shop immobile non stava bene.
Basta. Forbice-Shop ha chiuso, non c’è più quel nome e non esiste traccia di quello che è stato. Errori e fatiche finiti, di esaltazione ed orgoglio restano ombre e sfumature. La vera ragione, quando si smette, è sempre quella: conviene. Per qualcuno è il momento di trasformare in valore (to cash in), per altri invece si tratta di autoanalisi e accettazione (to put up with). Abbiamo fatto festa quando la porta era aperta, non c’è stato funeral party in chiusura.
Chi ci ha aiutato, lavorando con noi, siamo noi i primi a riconoscere quanto abbia dato: più di quello che era richiesto. Fondamentale Alice. Grazie di cuore Alice Fornoni! In un certo senso sei stata presente per noi. Brava, gentile, complice e imperterrita. Un mix letale!
Parlare di Aldo è difficile (per me). Forbice-Shop era più che altro “Forbice Aldo Boutique” inside. Incredibile lavorare con lui, a volte come stare sulle montagne russe, tbh. Aldo sarà sempre il logo di Forbice-Shop [che Gio ritagliò nell’adesivo silhouette diventato icona. Geniale tocco premonitore]. La storia di quei rapidi baffi sorridenti meriterebbe tante parole. Mi fermo subito. Sufficiente poter tuttora ravvisare lo spirito che emana dal suo modo d’essere sempre gnaro, pronto a farsi in quattro, e poi in otto. Perché quel che va fatto alla fine è importante farlo. E pazienza se poi bisogna ricominciare. Chi lo conosce ben sa. Gli devo molto. Eccoci arrivati
Mi piace il sospetto che Forbice-Shop sia stata solo una lieta sciocchezza. Tanto siamo ancora qui, e, in coda a queste “dissuadenti memorie”, spacciamo la nostalgia di quel che è stato per dolcissimi saluti a chi ci ha fatti sentire un po’ indispensabili, a volte quasi insostituibili.
Ciao prima-o-poi ragazzi, alla fine dei conti siamo qui solo per dire “Grazie A Tutti!”. Che volevate? 😉
Forbice-non-più-Shop! </3