La Comunità della Bassa Bresciana sarà coinvolta, attraverso le scuole, in un ampio progetto di educazione giovanile all’utilizzo della rete. Saranno circa 20 mila le persone, tra giovani e famiglie, chiamate a partecipare ad eventi ed iniziative finalizzate proprio a preservare i più giovani dai rischi dei social e di internet promuovendo un uso corretto e consapevole della rete. Il progetto si intitola “Secor-Net Sicur in rete” ed è promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e sostenuto attraverso un contributo di 110 mila euro. Ad essere coinvolte nel piano educativo le scuole di ogni ordine e grado e alla guida ci sarà Criaf, Associazione di Paola Cattenati che opererà in collaborazione con l’Azienda territoriale per i servizi alla persona dell’Ambito 9. Sarà costituita una sorta di cabina di regia che avrà al suo interno diversi attori ed enti del territorio come l’Ufficio Scolastico, il reparto di pediatria dell’ospedale di Manerbio, la Neurospichiatria dell’infanzia di Leno, l’Ats di Brescia ed esperti giuristi. Il progetto è stato presentato nei giorni scorsi in Prefettura a Brescia e prevede un ampio lavoro effettuato su più fronti. Si partirà sui banchi di scuola ma si spazierà anche con laboratori, sportelli d’ascolto dedicati e incontri di formazione per i genitori. Spesso i ragazzi fanno un uso troppo superficiale dei social ed hanno una scarsa conoscenza di ciò che è illegale e dei reati in cui si incorre condividendo immagini e dati personali. E’ importante anche saper distinguere e conoscere le varie forme di violenza in rete. Gli esperti, per esempio, individuano nuove forme di bullismo digitale, tra cui cyberstalking (comportamento offensivo e intimidatorio in rete), exclusion (intenzionale esclusione di un soggetto a opera di un altro soggetto) e molti altri. L’intervento della Polizia postale, in questi anni, si sta molto concentrando anche sul fenomeno del cosiddetto sexthing, ossia lo scambio di immagini a sfondo sessuale in Rete, con tutte le conseguenze morali, psicologiche e sociali che ne conseguono. La pandemia ha prodotto una straordinaria accelerazione della digitalizzazione. Un rapporto Istat riferisce che nel 2019 l’85,8% degli adolescenti italiani di età compresa tra 11 e 17 anni ha utilizzato regolarmente lo smartphone e oltre il 72% ha effettuato l’accesso a internet tramite smartphone per lo più attraverso una connessione internet a banda larga. Dall’inizio del periodo dell’emergenza sanitaria, i dispositivi multimediali e l’accesso a internet sono aumentati rapidamente, tanto che il rapporto Censis del 2021 ha rivelato un incremento anche progressivo dell’uso dello smartphone da parte degli adolescenti, che ha raggiunto il 95% con un utilizzo giornaliero superiore alle 3 ore nel 46% dei casi. Gli adolescenti si sono collegati a internet per lo più da soli e non solo per motivi didattici. È aumentata la consultazione di social media, principalmente Instagram (72%), TikTok (62%) e YouTube (58%). E che il Covid abbia inciso enormemente sulla diffusione e l’utilizzo di strumenti tecnologici, ne è fermamente convinto anche Alberto Pellai, medico psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano. “Se 10-15 anni fa il problema più comune per il quale i genitori chiedevano aiuto era che i loro figli andavano male a scuola ed erano sempre in giro, ora invece ci si preoccupa perché sono sempre chiusi in casa senza dire cosa stiano facendo e con chi” dichiara Pellai “una delle occasioni in cui lo smartphone viene regalato per l’uso personale è la prima comunione: in 10-12 anni abbiamo anticipato di 6 anni la consegna del dispositivo. Con conseguenze che impattano sul rendimento scolastico: prima si riceve lo smartphone minore è tendenzialmente la media dei voti nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. I 18enni di oggi sanno meno parole, sono confrontabili ai 15-16enni di due decenni indietro. Meno parole significa meno modi per raccontare ed esprimere le proprie emozioni: ed è anche questo a volte a portare ad azioni di autolesionismo. Nel frattempo i pediatri lanciano l’allarme miopia: si stanno sempre di più potenziando le reti neuronali da vicino, e per il nostro cervello, che funziona come un muscolo e per il quale le esperienze sono un vero e proprio allenamento alla vita, la miopia simboleggia la mancanza all’esercizio di guardare lontano e si esprime come metafora di malessere”.
Barbara Appiani