Sogno o son desto? Mi ritrovo nella suggestiva piazza di Rovato addirittura mentre è ancora in costruzione e attorno a me gentiluomini e gentildonne gentilmente a ossequiarsi indossando stupendi abiti ricamati dalle sorprendenti fogge, ai giorni nostri ammirabili esclusivamente nelle cartoline d’epoca in bianco e nero. Cosa succede, sono incappato in una sorta di imbuto temporale, inghiottito da una macchina del tempo? Di qualsiasi cosa si tratti penso sia meglio approfittare, carpe diem! Non so quando potrà accadere nuovamente di compiere un viaggio da sogno come quello che sto vivendo ora. Non credo ai miei occhi, l’architetto Rodolfo Vantini in carne e ossa che descrive il suo progetto al Prevosto Carlo Angelini, al proposito ricordo come a entrambi dobbiamo la nostra inconfondibile agorà. Poco più in là ecco apparire una carrozza trainata da due cavalli bai con il suo immancabile cocchiere dalla tipica livrea composta da calzoni a polpaccio, calze bianche e scarpe con fibbia; ma chi mai trasporterà? Certo un nobiluomo o una nobildonna oppure entrambi, vedremo. Nel frattempo alcuni ragazzini giocano con i balocchi dell’epoca, per strada, spensierati; cose impensabili ai giorni nostri. Si apre lo sportello della vetturetta, il cuore va a cento, la curiosità a mille; qualcuno s’appresta a scendere, ci siamo è…”Giuseppe! Sveglia, altrimenti farai tardi al tuo appuntamento!”. Lo stentoreo richiamo riporta bruscamente alla realtà e comprendo come si trattasse solo di un bel sogno e nulla più, tuttavia, le meraviglie delle scorse epoche della capitale franciacortina, pur solo oniricamente, mi lasciano senza parole nonché il desiderio di poter rifare presto l’emozionante tuffo nel passato, preferibilmente con più tempo a disposizione. Riflettendo, la prossima volta mi piacerebbe girare anche per le sue antiche frazioni e chissà che non riesca a farlo proprio a bordo della misteriosa carrozza di prima. È il mio sogno nel cassetto, con l’augurio che possa presto tramutarsi in una realtà, fantastica ma talmente bella da sembrare vera.
Giuseppe Agazzi