Chiudiamo la lunga chiacchierata sulle zone umide della Rovato che fu, con le vaste aree paludose esistenti un tempo nel contado.
Le aree evidenziate in verde in mappa, sono quelle che ho identificato con le zone paludose nominate dal Peroni nel suo Scartafaccio di fine ‘700. Le dividiamo in due. la più ridotta, che a mio parere anticamente era più estesa, è quella che si trova tra S. Andrea e S. Giuseppe, a ridosso della strada che collega i due centri e che divide la palude in quella sul lato occidentale, chiamata Pagule nova, e quella opposta, Cinque soldi. La maggiore invece si estende quasi come una diagonale dall’attuale zona del sottopasso ferroviario, fino alla contrada Grumetto, prendendo in pieno i centri di Duomo, S. Giorgio e S. Carlo. I vari appezzamenti che la suddividono sono chiamati Noviano (nell’area Lazzaretto, S. Carlo); Avacolo (la porzione più settentrionale, oggi zona sottopasso); Restello del Trepolo (la porzione più grande che dalla cascina Campanella sopra la seriola Nuova, scende fino a toccare la roggia Castrina); Palude Boniceni (che dalla chiesa della SS. Trinità di Duomo costeggia tutta via Barucca fino alla via del Fossato); Guato d’Oriola (tutto attorno a cascina Oriole); e Paludi di Grumetto (a ridosso del confine comunale con Travagliato e Berlingo).
Da notare un dettaglio orografico. Questi enormi acquitrini sono il risultato di avvallamenti del terreno, non di una consistenza diversa di suolo e coincidono con le tracce di antichi corsi d’acqua estinti, presenti a livello superficiale, che i geologi hanno indicato nella tavola idrogeologica del PGT comunale. Inoltre, il maggiore dei due impaludamenti sembra avere una strozzatura all’altezza della contrada Duomo, dove il terreno è più omogeneamente livellato e permette di drenare meglio l’acqua piovana. Motivo che ha indotto gli antichi rovatesi a fondare in questo punto la contrada, attorno alla sua chiesa che rappresenta proprio il fulcro di questa condizione. Analogamente il Grumetto, che etimologicamente indica un grumo di terra, un piccolo crinale asciutto, è diventato sede di cascine importanti.
Leggendo la Relazione Geologica elaborata per il PGT, possiamo vedere inoltre un’interessante sezione ricavata dai pozzi di S. Andrea (P7), S. Anna (P8), S. Giorgio (P9) e Duomo (P10), in cui si evidenzia un vero e proprio invaso antico passante sotto il Duomo, situato tra 50 e 100 mt di profondità. La relazione, anche grazie ad altri dati e sezioni, evidenzia che il deflusso delle falde acquifere di superficie scende dal Monte Orfano in direzione SSE verso il Grumetto, esattamente seguendo il tracciato della palude maggiore. Presumo che i due fenomeni siano correlati, cioè che la presenza di abbondante acqua di falda superficiale rendesse difficile l’assorbimento dell’acqua piovana prima della costruzione del reticolo idrico, ma non essendo io un geologo, potrei aver preso un abbaglio e lascio questo spunto di analisi a chi di competenza.
Possiamo chiederci ora, com’è proceduta la bonifica nel corso dei secoli? Riprendiamo l’acquitrino chiamato Restello del Trepolo, che evidenzio con tratteggio blu e che compare negli estimi antichi almeno dal ‘400. Si definisce trepolo un terreno incolto, con scarsa vegetazione su fusti e soggetto a impaludamento. Nel bel mezzo di questo appezzamento c’è un’area che nello Scartafaccio del XVIII sec. assume il nome di Palude dello Scuto, tratteggiata in rosso, dandoci l’idea del “ritiro” dovuto all’opera di bonifica. Poi, osservando le strade principali delle frazioni, si direbbe quasi che queste siano state costruite nel bel mezzo delle paludi (o meglio degli avvallamenti). Considerando che queste sono costeggiate da uno, se non due canali, è lecito supporre che queste strade siano nate proprio grazie ai fossi di scolo concepiti per asciugare le terre dove, nel ‘400 e ‘500, sorsero le prime cascine di quelle famiglie che hanno investito i loro patrimoni in questa scommessa: Lazzaroni, Bersini, Rivetti, Marinoni, Bargnani, Peroni, Cavalli, ecc. E pensare che tutto questo lavoro è stato opera di braccia, animali da soma e tanta capacità di osservazione.
Alberto Fossadri