Oggigiorno, quando si parla di progetti più o meno seri per (ri)portare la ferrovia a Montichiari (che sia il prolungamento della Brescia-Parma o della metropolitana cittadina) è inevitabile ripensare al lungo e onorato servizio svolto da un altro mezzo su rotaia, il tram, che corse in lungo e in largo per il paese lungo la direttrice Brescia-Mantova per 70 anni esatti. Certo, è un tempo ormai lontano se consideriamo che il sistema tranviario fu inaugurato nel 1882 e soppresso nel 1952, eppure la sua utilità rimane indiscussa. Dopo un iniziale interessamento da parte dell’ingegnere milanese Enrico Horvath, nel 1880  la Provincia di Brescia concedeva al nuovo concessionario, la belga  Societè anonyme “Entreprise Generale de Travaux”, l’incarico della costruzione di una rete tranviaria: questa tipologia di trasporto ebbe uno sviluppo imperioso e costante che di lì a qualche anno avrebbe visto questa tipologia di mezzi (dapprima a vapore e poi elettrici) sferragliare un po’ in tutta la provincia, dalla Bassa alla Valtrompia sino al Garda come bene hanno documentato storici del settore quali Claudio Mafrici e Giancarlo Ganzerla. Montichiari, quando essi fecero la loro prima comparsa sul territorio il 28 giugno  1882, aveva poco più di 7000 abitanti, registrava il passaggio di 6 messaggerie quotidiane (tre la mattina ed altrettante la sera) tra cui quella famosa di Bottarelli oltre a quattro “vetture per trasporto persone per il meno di quattro la settimana” e disponeva dell’ormai ben avviato mercato del bestiame. Nei primi tempi il servizio offriva 5 corse di andata e 6 di ritorno. Il tragitto verso Brescia veniva compiuto in poco meno di due ore e le fermate erano sei: Brescia Porta Venezia (capolinea), Bettole di Buffalora, Castenedolo, Campagna, Vighizzolo, Montichiari con la stazione ubicata in via Trieste, già via Umberto I, nei pressi dell’attuale Bcc del Garda dove erano presenti gli scambi. Il costo del biglietto si attestava su complessivi 15 centesimi in seconda classe e 25 in prima. Lo scartamento dei binari era di 1445 mm (poco più ampio di quello ordinario delle ferrovie odierne che è di 1435 mm). Nel 1911 l’insistenza dei carpenedolesi, che si ritenevano esclusi ingiustamente dal percorso tranviario, ebbe la meglio e così venne realizzata la deviazione che transitava anche per il paese dei carpini. Un’altra mini rivoluzione si verificò negli anni Trenta con l’elettrificazione del tratto che da Brescia conduceva a Carpenedolo (l’unico che subì questo cambiamento e anche l’ultimo ad essere chiuso), entrata in vigore nel 1934: “Gamba di legno”, com’era soprannominato, poteva così aumentare la velocità e considerarsi a tutti gli effetti un treno su sede urbana. Con l’avvento dell’elettricità cambiarono anche i prezzi delle corse, come risulta da un vecchio opuscolo gentilmente concessoci dal ricercatore Daris Baratti: negli anni Quaranta da Brescia a Montichiari si poteva viaggiare con 3,60 lire in prima classe e 2,70 in seconda, mentre l’andata e ritorno costavano rispettivamente 6 e 4,90 lire. Furono introdotte facilitazioni per gli operai che garantivano durante la settimana al costo di 13 lire l’utilizzo di una corsa giornaliera dal lunedì al sabato. L’abbonamento annuale veniva 930 lire in prima classe e 700 in seconda. 11 le corse per Brescia e altrettante per Carpenedolo: verso il capoluogo la prima partenza era alle 5,55 con arrivo in corso Magenta alle 6,44 e l’ultima partiva alle 21,35 per giungere alle 22,32 in corso Palestro. Non pochi gli incidenti in cui il tram rimase coinvolto, il più grave dei quali fu sicuramente il mitragliamento subito ai Trivellini da parte di aerei angloamericani che il 15 settembre 1944 cagionò la morte di ben 17 persone e il ferimento di diverse altre. Quanto alla società concessionaria, all’originaria Société Anonyme “Entreprise Generale de Travaux” subentrò, nel 1912, la Società anonima tramways de Lombardie e Romagne e, nel 1939, la SITALR, Società anonima italiana di tranvie ed autovie di Lombardia e Romagne. Ma il destino del tram, che tanta fortuna ebbe a cavallo del ‘900, era ormai segnato: la motorizzazione di massa che sarebbe scoppiata imperiosa e l’introduzione degli autobus arrecarono un duro, mortale colpo al servizio su rotaia. L’ultima corsa su Montichiari ebbe luogo nel giugno del 1952, a 70 anni esatti dalla prima. I binari ‘sopravvissero’ ancora qualche tempo senza però più alcuna utilità: nel 1956 erano ancora presenti, come riferisce l’ingegnere e storico Valerio Isola, allora studente di prima elementare, che percorreva il tragitto da casa in via Tre Innocenti al plesso scolastico del capoluogo e che rammenta ancora il terrapieno e la strada ferrata in direzione Carpenedolo. Una storia e un’atmosfera custodite in libri e vecchie cartoline, ma che forse sono destinate a riprendere vita in futuro sotto altre forme.

Federico Migliorati