L’instancabile don Gianni Donni, neo-premiato con il Leone d’Oro, oltre ai numerosi studi avviati non perde di vista nulla e mi segnala un caso peculiare che indirettamente pone Rovato protagonista, a sua insaputa, dell’apertura dello storico evento che vedrà Brescia e Bergamo capitali della cultura nel 2023.
Non è sfuggito al sacerdote un articolo del GdB con l’annuncio che Brescia Musei, in vista della prestigiosa circostanza, sta puntando sulla Pinacoteca Tosio Martinengo, promuovendola anche con la partecipazione ad una tradizionale mostra natalizia presso il Palazzo Comunale di Milano. Con lo sguardo al 2023 la rassegna ha per titolo: “Il Rinascimento di Bergamo e Brescia”. Si legge che per l’occasione, dallo scorso 1° dicembre nel municipio meneghino, a rappresentare la pinacoteca bresciana è stato messo in mostra un quadro del pittore Alessandro Bonvicino, a tutti noto come il Moretto.
Praticamente tutti conoscono la campanilistica diatriba sul paese natale del pittore, tra chi lo vuole nato a Brescia e chi a Rovato (a dire il vero ci sono altre località in lizza, come Ardesio per esempio). Non è certo questo il contesto per sbrogliare la questione che, comunque, non è ancora stata risolta. Si dà il caso però, che don Gianni stia indagando da anni su questo aspetto, ed in particolare sui legami tra il Moretto, la sua famiglia e le famiglie di Rovato. E questo dato è acclarato! I legami diretti sono certi e numerosi. Uno di questi, mi fa notare don Gianni, è proprio evidente nel dipinto che la Pinacoteca ha scelto per questa mostra.
La cosiddetta “Pala Rovelli” di cui parliamo, è considerata internazionalmente uno dei massimi capolavori del Moretto. Raffigura San Nicola da Bari che presenta alla Vergine col Bambino gli alunni di tale Galeazzo Rovelli, come descritto nel cartiglio stesso del dipinto: “VIRGINI DEIPARAE / ET DIVO NICOLAO / GALEATIVS ROVELLVS / AC DISCIPVLI D.D. / MDXXXIX”. L’opera commissionata da questo maestro nel 1539 per la chiesa di S. Maria dei Miracoli di Brescia, è stata già studiata da Pier Virgilio Begni Redona, che nel 1988 ha riscontrato come il committente sia in realtà Galeazzo Roveglia, insegnante di Rovato. Il cognome ci suona decisamente familiare, visto che i Roveglia occupano ancora un posto nella nostra comunità ed ora possono vantarsi di aver avuto in famiglia chi ha commissionato un dipinto di tale splendore, di cui beneficia tutta l’umanità.
Benché stuzzichi l’immaginario, è improbabile che i fanciulli raffigurati fossero di Rovato, dato che la pala era stata commissionata per una chiesa di città, come già detto, dove il Roveglia insegnava. Per quanto riguarda la nascita del Moretto, sarà difficile mettere una parola conclusiva sul tema, tuttavia gli studi di Giovanni Donni forniranno sicuramente nuovi elementi all’indagine, almeno per comprendere i legami dell’artista col nostro territorio.
Alberto Fossadri