Visto che da Roma la tiravano per le lunghe, tempo fa Regione Lombardia aveva deciso di fare da sé, approvando il disegno di legge per il controllo, il monitoraggio e la tracciabilità dei gessi di defecazione da fanghi utilizzati in agricoltura. Il riferimento è anche e soprattutto al caso Wte (riassumiamo più avanti di che si tratta).
A tal proposito, il Comune di Montichiari chiede «aiuto» ad aziende agricole, e in generale a tuti i cittadini, invitandoli a contribuire, con segnalazioni ad hoc, alla mappatura dei terreni su cui, negli ultimi anni, sono stati sparsi gessi di defecazione vari. Da parte della succitata Wte, ma, eventualmente, anche da altre ditte e aziende. Si tratta di un invito «bipartisan», nel senso che è frutto di un accordo tra maggioranza e minoranza. Che, preso atto che dal punto di vista ambientale Montichiari lascia un po’ a desiderare, almeno in questo caso si sono accordate per fare la cosa più giusta.
Ergo: chi avesse informazioni utili alla mappatura, può «segnalare» la cosa a all’indirizzo ufficio.protocollo@cert.montichiari.it, oppure all’Ufficio ecologia o alla Polizia locale.
Detto questo, crediamo sia utile riassumere la questione Wte. Stiamo parlando di circa 150.000 tonnellate di fanghi contaminati (da metalli pesanti, idrocarburi e sostanze inquinanti) che, letteralmente spacciati per fertilizzanti, tra l’inizio del 2028 e la metà del 2019 sono stati sparsi sui terreni agricoli di Lombardia, Piemonte, veneto ed Emilia Romagna. Tra i Comuni che hanno beneficiato di questo trattamento ci sono pure una trentina di Comuni della nostra provincia.
Se questo è accaduto dobbiamo dire grazie anche e soprattutto ad una ditta bresciana, che opera nel settore dei rifiuti e che ha stabilimenti anche qui, nella Bassa. Questa ditta ritirava i fanghi prodotti da aziende varie (pubbliche e private): fanghi che, per poter essere poi utilizzati in agricoltura, avrebbero dovuto subire un trattamento che ne garantisse l’igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. Il fatto è che, per massimizzare i profitti, la succitata ditta si «dimenticava» di sottoporre i fanghi al trattamento previsto, e li spandeva nei terreni agricoli. Di più (e di peggio): per guadagnare ancora di più, ci aggiungeva pure altri inquinanti, come ad esempio gli scarichi delle batterie esauste.
Per rendere tutto questo «regolare», la ditta classificava questa porcheria come «gessi di defecazione», smaltendoli sui terreni agricoli di Brescia, Mantova, Verona, Novara, Cremona, Pavia eccetera eccetera. Per rendere il traffico più appetibile, ai proprietari dei fondi (che naturalmente non sapevano cosa venisse poi sparso nei loro campi) veniva offerta gratuitamente l’aratura dei campi.
Un business perfetto, insomma. Che però, forse, visto ora da fuori, qualche dubbio avrebbe potuto innescarlo… MTM